"Se cerchi l'infinito lo troverai nel sorriso di un bambino; abbi cura di quel sorriso, è l'anima del mondo"


domenica 29 aprile 2012

Cos'è il gioco?

Dopo esserci stata e aver "toccato con mano", VI SEGNALO una manifestazione di carattere ludico ed aggregativo dedicata al tempo libero delle famiglie con figli in età compresa fra i 2 ed i 12 anni; potrete giocare, sperimentare con i vostri figli senza dover comprare nulla!!! E' un evento da mettere assolutamente, ogni anno, in agenda: SERIDO'


COS'E' IL GIOCO?
Non vi è una definizione di gioco unica e universalmente accettata. Il gioco è considerato l’opposto del lavoro. E’ un’attività che ha come scopo principale il piacere di svolgere l’attività stessa, non il risultato ottenuto. Il suo carattere definalizzato risiede nel fatto che l’interesse del giocatore si rivolge all’attività in sé e non è mosso dall’attesa degli esiti e dei prodotti che potrebbero derivarne.
Visto in ottica etologica e psicologica il gioco, invece, è un potente mediatore per avviare l’apprendimento perché comporta l’attivazione dei piani motorio, emotivo, intellettuale, relazionale e sociale.
Madre natura, infatti, ha dotato i suoi cuccioli di una forte inclinazione a giocare perché il gioco è la via più lieve e flessibile per entrare in contatto con ciò che non si conosce, per osare ed intraprendere superando le iniziali paure e incertezze. L’attività ludica, durante l’età evolutiva dell’uomo e di alcuni animali, è la forma più naturale e spontanea di apprendimento.
Più che una semplice attività ricreativa il gioco, quindi, nelle sue molteplici forme, è una creazione indispensabile per entrare in contatto con il mondo, esplorare i diversi ruoli sociali, imparare abilità, acquisire una propria identità, regolare i conflitti.

Il gioco, indi, è ad un tempo conoscenza, divertimento, piacere, socialità.

 Attraverso il gioco, inoltre, il bambino incomincia a comprendere come funzionano le cose: che cosa si può o non si può fare con determinati oggetti, si rende conto dell'esistenza di leggi del caso e della probabilità, di regole di comportamento che vanno rispettate. L'esperienza del gioco insegna al bambino ad essere perseverante e ad avere fiducia nelle proprie capacità; è un processo attraverso il quale diventa consapevole del proprio mondo interiore e di quello esteriore, incominciando ad accettare le legittime esigenze di queste sue due realtà. Come afferma Stern, quindi, gli esseri umani sviluppano col gioco le loro naturali capacità, col gioco il bambino arriva attraverso i sensi a comprendere il mondo esterno, acquista padronanza sui suoi movimenti, impara ad esprimersi e a comunicare le sue idee con la parola.

 Per un bambino il gioco e la vita si sovrappongono e si completano.

L’attività ludica costituisce quindi l’esperienza “di fondo” di tutta la vita infantile.

Il gioco, inoltre, è fondamentale nella strutturazione della personalità. Nel gioco, infatti, i bambini: si esercitano in ruoli nuovi, esprimono le loro emozioni, provano a dare un senso alle esperienze e affrontano sia la realtà che la fantasia.

 Il gioco di un bambino è influenzato da fattori che dipendono dai genitori, dalle sue esperienze con i coetanei, dal materiale disponibile, dalla scuola e dai media.

Visto in ottica interculturale, infine, il gioco può avvicinare culture diverse, creando spazi di relazione che permettono la comprensione ed il superamento di differenze culturali.

 In un'ottica psicologica,  Jean Piaget sostiene che l’attività ludica orienta verso uno sviluppo completo. A suo avviso il gioco infantile va interpretato come un addestramento al futuro, alle attività contemplate dalla vita adulta.  Afferma anche che l’attività ludica facilita la socializzazione, attraverso giochi a carattere comunitario e mediante l’assimilazione di un corpus di principi-guida che favoriscono il rispetto delle regole sociali da parte del soggetto in età evolutiva. Riconosce, inoltre, al gioco una funzione centrale nello sviluppo dell’intelligenza, attraverso le varie fasi cognitive che scandiscono la crescita individuale nella sua interazione con il mondo e nel mondo, fasi che sono come tante tappe che consentiranno al fanciullo di costruirsi una personalità ed elaborare individualmente una serie di conoscenze e nozioni utili alla formazione della sfera cognitiva.
Piaget, infatti, parte dalla convinzione che il gioco sia la "più spontanea abitudine del pensiero infantile".

Missione compiti

Titolo: MISSIONE COMPITI. Manuale di sopravvivenza per i genitori
Autore: Gianluca Daffi

Quante volte vi è capitato di dover litigare con i vostri figli per convincerli a sedersi alla scrivania e fare i compiti?

Quanti pomeriggi avete passato cercando in tutti i modi di far loro entrare in testa qualche pagina del libro di testo?

Purtroppo molto spesso lo spazio quotidiano dedicato ai compiti a casa più che in un momento importante di crescita per genitori e figli diventa una vera e propria «battaglia».

Questo libro è un "manuale di sopravvivenza" dedicato a mamma e papà.
L'autore suggerisce tattiche e strategie per organizzare in modo astuto ed efficace il momento dei compiti.

Innanzitutto affronta un tema di grande attualità: perchè è importante fare i compiti a casa. In particolare rintraccia 3 obiettivi primari nell'eseguire i compiti:
1. fornire all'alunno tempi e spazi di riflessione personale
2. potenziare le competenze apprese o in via di sviluppo
3. portare a compimento il processo di apprendimento iniziato in classe

Inoltre, grazie ai compiti, sarà possibile aumentare il senso di responsabilità, lo sviluppo dell'autodisciplina e il senso di efficacia del bambino.

Più volte l'autore sottolinea l'importanza di non fare i compiti al posto del bambino; inoltre spiega anche come sia fondamentale il modo in cui il genitore stesso si pone davanti ai compiti del figlio. Il bambino non deve avere dubbi sul fatto che per mamma e papà quei compiti sono importanti tanto quanto lo sono per lui.

L'autore descrivere 3 possibili ruoli dei genitori di fronte ai compiti:

- ARBITRO
si siede accanto al figlio e comincia ad osservare come svolge i compiti; "fischia" a ogni mossa sbagliata, minaccia punizioni se lo sportivo batte la fiacca; nei momenti più critici può arrivare ad espellere il suo giocare dal campo completando al suo posto i compiti

- SPETTATORE
si accomoda accanto al giocatore, segue attentamente le sue azioni, si esalta quando riesce e si arrabbia quando "fa cilecca". Non prende parte alla partita ma si accontenta di formulare commenti, criticare...

- ALLENATORE
come un vero mister che ha l'obiettivo di favorire la crescita di un proprio atleta...
potrebbe mai sostituirsi a lui durante un allenamento? accetterebbe di guardarlo faticare inutilmente senza intervenire con esortazioni che possano guidarlo, suggerendogli strategie, spronandolo al raggiungimento di una preparazione in miglioramento?

Il genitore, quindi, dovrebbe avere un ruolo di sostegno ed essere una presenza rassicurante e "provocante".

Per capire se un compito sia ben svolto, sottolineando che gli errori sono fondamentali e che "solo chi non fa non sbaglia", il genitore-allenatore dovrebbe porsi tre domande:
a. il bambino è soddisfatto di come ha lavorato?
b. il bambino è sereno?
c. il bambino è ancora carico?

domenica 22 aprile 2012

Intelligenza emotiva per un figlio

Titolo: INTELLIGENZA EMOTIVA PER UN FIGLIO. Una guida per i genitori

Autori: John Gottman, Joan De Claire


Come anticipa il titolo, questo libro si inserisce nell'ambito dell'intelligenza emotiva.

Ma di cosa si tratta? E' un aspetto dell'intelligenza legato alla capacità di provare emozioni, di riconoscerle e di viverle consapevolmente.

Quello che molti studi hanno evidenziato è che questa competenza spesso risulta carente. Come scrive Gottman, "Sorprendentemente, la maggior parte dei consigli che comunemente vengono dati ai genitori ignora il mondo dell'emozione. Essi si basano al contrario su teorie educative interessate al fatto che i bambini si comportino male, ma che ignorano i sentimenti che sottendono quei comportamenti. In ogni caso, il fine ultimo dell'educazione dei figli non dovrebbe consistere meramente nell'ottenere un individuo docile e obbediente. La maggior parte dei genitori spera in molto di più. Si vuole che i figli diventino persone rette e responsabili, diano il loro contributo alla società, abbiano la forza per fare le proprie scelte nella vita, godano della realizzazione dei propri talenti, della vita e dei piaceri che essa può offrire, intrattengano buoni rapporti con gli amici, abbiano un matrimonio riuscito e, a loro volta, diventino buoni genitori."

Gli studi condotti da John Gottman,  mostrano che bambini a cui i genitori hanno insegnato ad essere emotivamente intelligenti riescono a concentrarsi meglio e quindi riescono meglio a scuola, sanno calmarsi più rapidamente quando si agitano o arrabbiano, hanno un controllo fisiologico maggiore e quindi si ammalano di meno. Anche in caso di situazioni molto difficili, quali la separazione dei genitori o la morte di una persona cara i bambini emotivamente intelligenti riescono a superare la crisi, spesso continuano ad avere un buon rendimento scolastico, e riescono più facilmente ad evitare comportamenti autodistruttivi, quali ad esempio l’uso di sostanze stupefacenti, in periodo adolescenziale.

John Gottman, basandosi su risultati di ricerche scientifiche condotte per decine di anni su centinaia di famiglie, ha identificato vari tipi di genitori, a seconda del loro comportamento rispetto alle emozioni dei figli e ne ha studiato gli effetti sulla crescita emotiva dei bambini.

In base a questi studi, si è scoperto che i genitori possono essere divisi in quattro grandi tipologie:

  • Genitori noncuranti, che sminuiscono, ridicolizzano o addirittura ignorano le emozioni negative dei figli. (E’ ridicolo che non vuoi andare all’asilo. Non c’è nulla di cui aver paura. Li ci sono i tuoi amichetti e ti divertirai. Dai su, ora passiamo in pasticceria a comprare un dolcetto, così ti passa.)
  • Genitori censori, che criticano le espressioni di sentimenti negativi e che possono arrivare a rimproverare o punire i figli per queste manifestazioni emotive (E’ ridicolo che non vuoi andare all’asilo. Sono stanca di questo comportamento, non sei più un neonato. Agisci da grande! Se continui così questa è la volta buona che le prendi.)
  • Genitori lassisti, che accettano le emozioni dei figli e si dimostrano empatici, ma non riescono a offrire loro una guida o a porre limiti al loro comportamento, spesso rimandano il problema, distraendolo ad esempio con un gioco, fino a che si ripresenterà la volta successiva. (Oh come ti capisco! E’ naturale che vuoi rimanere a casa con la tua mamma. Anche io sono triste. Magari giochiamo insieme dieci minuti e poi usciamo senza piangere però.)
  • Genitori allenatori emotivi partono come i genitori lassisti, empatizzando con i sentimenti del bambino, ma poi colgono l’occasione per parlare del sentimento, dargli un nome, e trovare una soluzione, senza distrarlo dai sentimenti negativi che sta provando.
Nel libro vengono approfondite 5 fasi per l'allenamento emotivo:
  • Essere consapevoli delle emozioni del bambino
  • Riconoscere nell'emozione un'opportunità di intimità e di insegnamento
  • Ascoltare con empatia e convalidare i sentimenti del bambino
  • Aiutare il bambino a trovare le parole per definire le emozioni che prova
  • Porre dei limiti mentre si aiuta il bambino a risolvere il problema
Detto così sembra facile. Uno dei problemi più difficili da superare in realtà è il primo punto, ossia essere consapevoli delle emozioni del bambino. Per poterlo fare bisogna essere prima di tutto consapevoli delle proprie emozioni, e questo non è sempre facile, a causa dell’educazione ricevuta. La storia famigliare o la cultura in cui viviamo condiziona molto la nostra percezione delle emozioni.
Per qualcuno la rabbia è un’emozione particolarmente negativa, per altri lo è la paura. Può quindi capitare di essere dei bravi allenatori emotivi per un certo tipo di emozione che sentiamo meno negativa, e dei genitori censori per un’altra. Insomma come sempre mentre cerchiamo di educare al meglio i nostri figli, abbiamo una splendida occasione di imparare molto anche su noi stessi.
Il porre dei limiti al comportamento è particolarmente importante all’inizio, quando non si è ancora sviluppata una capacità del bambino a trovare soluzioni da solo. Nel porre limiti è necessario far capire al bambino la distinzione tra il sentimento provato, di rabbia, gelosia o frustrazione, che è perfettamente normale, dal comportamento che è accettabile oppure no.
E’ perfettamente normale essere geloso del fratellino, ma non è accettabile tirargli i capelli. E’ normale aver paura di iniziare la scuola, ma non è accettabile il lancio di oggetti o l’inveire contro mamma e papà. Ed è perfettamente normale provare a volte sentimenti contrastanti tra loro
Se siete curiosi di conoscere il vostro stile genitoriale, sul sito Laboratorio Formazione potrete eseguire il test!

venerdì 20 aprile 2012

A volte gli errori sono necessari...

Una persona che non abbia mai commesso un errore, non ha mai cercato di fare qualcosa di nuovo. (Albert Einstein)

giovedì 19 aprile 2012

Affrontare le sfide ...

Non tutto ciò che viene affrontato può essere cambiato. Ma niente può essere cambiato finché non viene affrontato. (James Baldwin )

martedì 17 aprile 2012

L' esperienza...

“Le decisioni giuste vengono dall’esperienza, il problema è che l’esperienza viene dalle decisioni sbagliate”. Groucho

sabato 14 aprile 2012

50 cose da fare all'aria aperta

Il National Trust è una fondazione britannica nata nel 1895 con lo scopo di difendere i luoghi storici e gli spazi verdi del Regno Unito. Di recente ha commissionato una ricerca sulle abitudini dei bambini fino ai dodici anni, da cui è emerso che gran parte di loro passa quasi tutto il tempo seduto davanti alla tv o a giocare coi videogiochi: meno di un bambino su dieci gioca regolarmente in luoghi aperti – erano uno su due nella generazione precedente – un terzo non si è mai arrampicato su un albero e non sa andare in bici, e i bambini portati in ospedale per essere caduti dal letto sono tre volte di più di quelli caduti da un albero.

Oggi quindi il National Trust
ha lanciato la campagna
" 50 cose da fare prima di avere 11 anni e tre quarti"...

Cosa ne pensate?

venerdì 13 aprile 2012

Un amico come Henry

Titolo: UN AMICO COME HENRY
Autore: Nuala Gardner
 
Questo libro racconta una storia vera: il dramma di una mamma e di un'intera famiglia che scopre di avere un figlio autistico. Per il piccolo Dale le parole "mamma" e "papà" non hanno senso, convincerlo a mangiare è un'impresa, è irritabile e taciturno, incapace di comunicare con il mondo circostante: il suo autismo sta mettendo a dura prova la serenità familiare. Fino a quando arriva Henry, uno splendido amico a 4 zampe che insegna a Dale a stare con gli altri, superando il muro dell'autismo. Tra Dale e il cucciolo di golden retriever, infatti, si instaura, sotto gli occhi increduli dei parenti, un rapporto vivace e profondo che aiuterà sia Dale, che successivamente la sua sorellina Amy, a uscire dal loro isolamento.
Consiglio vivamente qesto libro a tutti i genitori, gli insegnanti e i terapisti che quotidianamente hanno a che fare con l'autismo: questo libro credo possa aiutarli ad aumentare la loro consapevolezza e la speranza: lavorando tutti bene è possibile raggiuere degli ottimi risultati.

E' utile la lettura a tutti coloro che si chiedono cos'è l'autismo: questo libro, infatti, riesce a far emergere le fatiche, le peculiarità ma anche le risorse dei bimbi con autismo con un linguaggio semplice, concreto e quotidiano.

Infine lo consiglio a tutti quelli che hanno nel cuore un amico a 4 zampe: sapranno ritrovare in Henry quell'amore infinito e incondizionato che solo un cane può donare.

Dottssa Myriam Frittoli


mercoledì 4 aprile 2012

Capricci: come gestirli

Fare i capricci significa opporsi alle regole stabilite dagli adulti, ma prima di un anno il bambino non vuole contestare nulla. Piangendo o comunque manifestando atteggiamenti di ribellione chiede aiuto per un suo momento di difficoltà. Ad esempio, se piange dopo essere stato messo nella culla dopo il pasto, può significare che ha fastidio per il ruttino non espletato.


E' dai 2 ai 3 anni che i bambini possono trasformarsi in piccoli contestatori con la 'fase dei NO' caratterizzata dal continuo rifiuto di fare qualsiasi cosa venga loro richiesta. Anche questi primi 'abbozzi' di capriccio vanno controllati, non bisogna però dimenticare che queste prime manifestazioni denominate capricci, sono tappe fondamentali verso l'indipendenza, nonchè espressione del sano desiderio di imporre la propria personalità attraverso il dominio e il controllo dell'ambiente.


I capricci insomma, sono da considerare un passaggio obbligato nell'evoluzione del bambino.


E' molto difficile stabilire un limite di età nella quale un capriccio sia da ritenersi 'normale', l'età si può protrarre anche fino ai 5-6 anni. Dopo questa età invece, se i genitori hanno gestito bene la situazione, si passerà all'epoca della ragionevolezza.

Tutto dipende comunque sia dall'atteggiamento dei genitori sia dal temperamento del bambino, è infatti certo che, se l'ambiente contribuisce preponderatamente sulla personalità, anche il carattere influenza l'atteggiamento che i genitori adottano nei suoi confronti. Verrebbe da dire, una sorta di circolo vizioso!!


E' lo stesso bambino a strutturare l'ambiente in cui cresce: un esempio lampante è costituito dal fatto che due fratelli sviluppino personalità differenti e rapporti spesso opposti con gli stessi genitori.

Come gestire bene la situazione per fronteggiare i capricci?
L'importante è fissare poche semplici regole, non dimenticandosi poi di essere intransigenti nel farle rispettare. I capricci sterili fatti solo per contestare in un bambino di 4-5 anni possono proseguire all'infinito se il bambino ha la sensazione che i genitori prima o poi cederanno.


Un bimbo che sa che no significa no e non 'forse' o peggio ancora 'sì, basta insistere' è perfettamente consapevole del fatto che non ha senso tirare a lungo un capriccio, tanto con mamma e papà non porterebbe a nulla. E' solo l'assenza di paletti che porta a disubbidire, a impuntarsi e a compiere azioni come gettarsi a terra, scagliare oggetti e/o tirare calci ai genitori. I capricci continuano anche ben oltre i 6 anni se non vengono gestiti subito nel modo corretto che consiste nel rimanere fermi sulla propria posizione, mostrandosi indifferente alla reazione avversa.


Il messaggio che si deve trasmettere a un bambino già grandicello e molto capriccioso è che i genitori osservano la sua ribellione e ne prendono atto, ma sono certi di essere nel giusto imponendogli una certa cosa o insistendo perchè ne faccia un'altra, che per lui non esiste alcuna possibilità che cambino idea.


E' probabile, a fronte di un simile atteggiamento dei genitori, che il bambino abbandoni velocemente la contestazione; i piccoli rimangono infatti sconcertati dal fatto che la loro reazione non impressioni più di tanto, e questo loro 'punto debole' a volte va sfruttato a scopo educativo. Se però mamma e papà tentennano anche solo in cuor loro, il bimbo fiuta uno spazio per la contrattazione e la possibiltà di averla vinta.


Ancora peggiore è il caso in cui i genitori si dimostrano spaventati dalla violenza del capriccio: una simile debolezza fa un pessimo regalo al bambino trasmettendogli la sensazione di essere un tiranno pieno di potere. Sensazione pericolosa che, se avvertita troppo spesso, può portare a un ruolo di onnipotenza e ad un errato equilibrio psico-emotivo.

Non fatevi prendere dal panico se:

è possibile che durante un capriccio molto violento il bambino vada in apnea, tecnicamente spasmo affettivo. Questo può anche provocare un lieve cambiamento del colorito del viso che assume una sfumatura bluastra dovuta alla temporanea riduzione di ossigeno al cervello. A volte lo spasmo affettivo può anche essere caratterizzato da lievi contrazioni muscolari (scatti involontari del corpo sempre dovuti alla carenza di ossigenazione). Non c'è da spaventarsi: questo tipo di reazione, frequente nei bimbi molto vivaci, è sempre benigna e destinata a scomparire dopo pochi attimi. Per tranquillizzare il bambino può essere utile coccolarlo e parlargli con tono dolce e basso, mentre per interrompere l'apnea può aiutare il soffiargli all'improvviso sugli occhi.


Dottssa Myriam Frittoli


martedì 3 aprile 2012

pregrafismo

Molte scuole dell'infanzia non fanno più esercizi di pregrafismo...
Poi, però, quando iniziano la prima classe di scuola primaria vengono date per scontato...

Ecco alcune schede utili per i vostri bimbi di 5 anni...
Per loro sono come dei giochi, in realtà esercitano l'abilità finomotoria

potete scaricarne altre anche da questi link:

banca delle emozioni

tutto disegni







Come si manifesta l'autismo?

Ieri, 2 Aprile 2012, era la V Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo (video) e per un giorno il mondo si è colorato di blu.

In Italia sono circa 400 mila, molti dei quali bambini: li chiamano “piccoli della luna”, perché distanti dal mondo e chiusi in un silenzio profondo.

Sono affetti da autismo, malattia neuropsichiatrica che fa registrare circa 6 casi ogni mille nati. Contro l’autismo non c’è ancora una cura definitiva e molti lati della patologia restano oscuri. Per parlarne e sensibilizzare l’opinione pubblica, si celebra il 2 aprile la Giornata mondiale dell’autismo, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni unite.

E in questa data i monumenti del mondo si illumineranno di blu: un’iniziativa internazionale battezzata Light it up blue.
 

A proposito di consapevolezza...

quali sono i segnali, i comportamenti che ci possono far accendere la lucina del sospetto?


Prossimamente post più dettagliati a riguardo.