"Se cerchi l'infinito lo troverai nel sorriso di un bambino; abbi cura di quel sorriso, è l'anima del mondo"


domenica 20 maggio 2012

Doppio Blog...

Ho creato un nuovo  blog...
in cui avrete anche la possibilità di iscrivervi (in basso a destra c'è la scritta ISCRIVITI) e
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http://etaevolutiva.wordpress.com/


Vi aspetto
Dottssa Frittoli

martedì 15 maggio 2012

Bambini e fiabe

Efficacia clinica della Mindfulness nei bambini

Negli ultimi anni la mindfulness è emersa come un modo per trattare i bambini e gli adolescenti con ADHD e altre condizioni che vanno da stati di ansia, disturbi dello spettro autistico, depressione e stress. E i benefici si stanno dimostrando essere enormi. Ma come si spiega la presenza mentale a cinque anni? Quando lei sta insegnando ai bambini la consapevolezza, la Dottssa Amy Saltzman, un medico olistico e trainer di mindfulness in Menlo Park, California, preferisce non definire la parola, ma piuttosto invitare il bambino a sentire l’esperienza, a trovare il suo "luogo ancora tranquillo. "
"Cominciamo facendo attenzione a respirare", dice. "La sensazione di espansione dell'inspirazione, la quiete tra l'inspirazione e l'espirazione. Li invito a riposare nello spazio tra i respiri. Poi spiego loro che questo luogo ancora tranquillo è sempre con noi quando siamo tristi, quando siamo arrabbiati, eccitati, felici, frustrati. Tutti possono sentirlo nel loro corpo. E diventa un'esperienza di consapevolezza. Possono imparare ad osservare i loro pensieri e sentimenti, e la cosa più importante per me è iniziare a scegliere i loro comportamenti ".
Saltzman anche ha condotto uno studio in collaborazione con ricercatori della Stanford University dimostrando che dopo 8 settimane di allenamento alla consapevolezza, dalla quarta alla sesta settimana gli alunni partecipanti allo studio avevano documentato una diminuzione di ansia e miglioramenti dell’attenzione. Erano meno emotivamente reattivi e più in grado di gestire le sfide quotidiane e scegliere il proprio comportamento.
Come insegnante presso la Scuola di New Nantucket, dove ogni studente riceve l'istruzione, nella mindfulness, Allison Johnson ha imparato di persona che differenza può fare per i bambini. Così ha provato a casa. "Ho un bambino di sei anni figlio con ADHD," dice. "Ho portato un campanello a casa. Lo usiamo quasi tutte le sere prima di dormire. 'Perché lui non ama andare a dormire. Ci sediamo sul pavimento l’uno di fronte all'altro, chiudiamo gli occhi e suoniamo il campanello. A volte proviamo a focalizzarci su una visualizzazione -come se fossimo su una nuvola. Andiamo in questo piccolo viaggio. E poi suoniamo il campanello di nuovo e diciamo 'quando non è più possibile sentire il campanello è il momento di aprire gli occhi e tornare a mettere a fuoco. Lo istruisco a ripetere la pratica, se si mette nei guai e viene inviato nella sua stanza, lo sento al piano di sopra facendo lo stesso. O quando sta facendo particolarmente chiassoche sarà lui a dire 'ok permettimi di fare il nostro respiro consapevole adesso.' "
Mentre la ricerca sui bambini e adolescenti è in realtà solo all’inizio, ci sono diversi piccoli studi che dimostrano che per i bambini che soffrono di ansia e ADHD, la consapevolezza può essere particolarmente utile. Diana Winston, autore di Wide Awake e il direttore della Pubblica Istruzione presso il Centro Mindfulness UCLA di ricerca, ha iniziato a prendere gli adolescenti con ADHD in ritiro per quello che lei chiama "campo di consapevolezza intensiva" nel 1993. Venti anni dopo, il programma va ancora forte.
"Gli adolescenti traggono notevoli vantaggi", dice. "I bambini raccontano che la loro vita si sta trasformando. Ricordo una ragazza con ADHD, che era molto depressa e nonsi pensava rispondesse positivamente al training di consapevolezza. L'ultimo giorno di lezione entrò e disse: 'tutto è diverso. Ero molto depressa, il mio ragazzo aveva rotto con me ed è stato così difficile, ma finalmente sto capendo che Io non sono i miei pensieri. ' Tale nozione è enorme: la non-identificazione con i pensieri negativi significa avere un po 'più di spazio e libertà nel bel mezzo di esso. "
Riduzione dello stress e l'accettazione di sé sono due dei principali vantaggi della consapevolezza, dice Winston benefici particolarmente importanti durante il dramma e l'agitazione dell’adolescenza. "Regolazione delle emozioni, imparare a calmare la mente, quelli sono abilità inestimabili."
Randye Semple, PhD, professore assistente presso l'University of Southern California Keck School of Medicine, ha trascorso la sua carriera a sviluppare programmi per insegnare ai bambini ansiosi come calmare la mente. "Quando guardo l’ansia infantile vedo un problema enorme e un precursore di altri problemi negli adolescenti e negli adulti", dice. " Uno studio condotto lei e il suo co-autore, psicologo clinico Jennifer Lee, condotto tra il 2000-2003 ha mostrato significative riduzioni di entrambi i problemi di ansia e di comportamento in 8 – a 12 anni di età in Harlem e Spanish Harlem che hanno partecipato al programma.


Insegnare la consapevolezza a bambini e adolescenti è una crescente tendenza in ambulatori privati ​​come parte della terapia e sempre più come parte del curriculum scolastico che in contesti privati."

tratto da Dottssa Stefania Rotondo

domenica 13 maggio 2012

Di cosa si occupa lo psicologo a scuola?


<><><>"STAR BENE A SCUOLA, PER FARE BENE A SCUOLA"<>
Ecco di cosa si occupa lo psicologo nel contesto scolastico:

Prevenzione, identificazione precoce e training di potenziamento centrato
sulle difficoltà di apprendimento


L’apprendimento è un bellissimo viaggio. Spesso è un percorso spontaneo che segue
naturalmente il suo flusso, senza intoppi. Altre volte, durante il cammino, i bambini
possono inciampare perché non sempre sono dotati degli strumenti adatti
per fronteggiare autonomamente le difficoltà. I fattori che interferiscono
con un apprendimento ottimale sono molteplici: lo stile di insegnamento,
la motivazione, il senso di autoefficacia, l’autostima oppure un disturbo specifico.
Un aiuto specializzato può servire per prevenire i disturbi dell’apprendimento
e diventare autonomi nello studio e nella vita.

Promozione dell’Autostima e della Motivazione
Da bambini le difficoltà possono incidere su tutto lo sviluppo psichico.
Scarsa motivazione, bassa autostima, perdita della gioia di vivere e del senso di sé
sono alcuni nemici in agguato.
Oggi sappiamo che Autostima e Motivazione si sostengono a vicenda.
A volte può essere utile una guida che conduca i bambini e i ragazzi passo passo
nel viaggio alla ricerca del loro essere abili, del loro saper fare e saper essere,
del loro amore innato verso se stessi, il mondo e la conoscenza.
La motivazione muove i nostri passi: è l’unica cosa che ci sostiene
e ci permette di intraprendere il nostro cammino di crescita.
Motivazione ed emozione camminano tenendosi per mano.
Un apprendimento motivato è un apprendimento connotato emotivamente e viceversa.

<>
Educazione Emotiva e Socio-affettiva
La consapevolezza delle proprie emozioni è un elemento chiave al fine di maturare
un'appagante vita sociale fondata sull'interscambio e sulla capacità empatica,
in un rapporto che coinvolge una pluralità di interlocutori.
L’intelligenza emotiva si fonda sulla capacità di intuire i sentimenti, le aspirazioni e
le emozioni delle persone che ci circondano e di avere una piena cognizione
del proprio stato d'animo.
Educare al riconoscimento delle emozioni proprie e altrui è fondamentale
per favorire relazioni positive tra gli studenti e limitare gli episodi di bullismo,
aggressività e oppositività.
 

venerdì 11 maggio 2012

Compiti sì o compiti no?

Compiti si… Compiti no…? Quante volte mi sento fare questa domanda.
Sono una mamma oltre che un esperto di psicologia dell’apprendimento e la mia risposta è influenzata da entrambi i ruoli che vivo.
Da mamma sento anche io la preoccupazione di molte famiglie che vivono a volte con fatica l’impegno dei compiti a casa. Ed è una fatica dovuta almeno a due motivi diversi: c’è chi si lamenta per il tempo prolungato che i propri figli devono passare sui libri, e chi si lamenta perché non è obiettivamente in grado di capire come aiutarli, dal momento che le attività didattiche moderne sono lontane e diverse da quelle che ovviamente abbiamo ricevuto nel passato. Ricordo la discussione di una bellissima tesi di laurea a cui ho assistito, nella quale si descriveva un’indagine su di un campione di centinaia di famiglie italiane, il 67 per cento delle quali diceva di vivere con stress l’impegno dei compiti scolastici. Anzi misurando tale stress con una scala come quella della febbre, la temperatura superava i 38° per due famiglie su tre. Soprattutto nel passaggio tra le scuole primarie e le secondarie. Per fortuna tali indici ci dicono anche che per il 33% delle famiglie intervistaste i compiti rappresentavano un impegno a giusto carico.
Il problema, da esperto dell’apprendimento, credo sia proprio qui: il giusto carico fa la differenza. E anche in questo caso il giusto carico è da intendersi sia in termini quantitativi che qualitativi.
Al riguardo vorrei dire alcune cose.
Inanzitutto quanti compiti dare: gli studi di psicologia cognitiva hanno dimostrato che se è necessario esercitare i meccanismi dell’apprendimento, per stabilizzare e facilitare il recupero delle conoscenze acquisite, superare un certo numero di ore di studio è inutile e rischioso. Ne può derivare infatti un apprendimento di breve durata, apparente, che affatica il sistema cognitivo e lo rende incapace di recepire nuove cose il giorno seguente. Non solo, la motivazione all’impegno, e alla competenza, rischiano di affievolirsi, di lasciare il posto al fare tanto per fare, o peggio ancora al fare per paura delle conseguenze, non ultime l’insuccesso stabile e la disistima.
Dunque fondamentale dal punto di vita educativo diventa quali compiti dare e come farne fare tesoro all’allievo. E la scelta è facile se si pensa al significato più semplice che da sempre i compiti hanno avuto, o avrebbero dovuto avere.
E cioè far esercitare conoscenze apprese a scuola. Questo è il punto di svolta. L’esercizio a casa o lo studio servono a rendere stabili conoscenze che la scuola, il docente.., ha trasmesso, facilitato, concorso a far apprendere..…
Demandare ai compiti a casa ciò che la scuola deve insegnare è l’errore maggiore sia per i limiti che comporta verso l’apprendimento stesso che per i limiti motivazionali a sentire il continuum educativo tra famiglia e scuola.
E in ogni caso la mole di lavoro assegnato a casa deve essere commisurata all’età e al tempo già dedicato alla scuola.
Da docente dunque mi permetterei di rassicurare i docenti: non importa la qualità e la quantità dei contenuti per fare un bravo insegnante, ma la qualità dei metodi di trasmissione del sapere.
E da genitore mi permetterei di incoraggiare i genitori ad essere alleati del bambino contro la fatica di imparare e contro l’errore. Bisogna far sentire che si è dalla loro parte, ma sempre in linea, in sinergia con la scuola. Lasciarli soli in una stanza a studiare non va bene, ma è altrettanto sbagliato fare i loro compiti: bisogna star loro vicino, senza sostituirsi, si deve partecipare riconoscendone l’impegno e gratificandoli quando riescono nel loro lavoro. E se i compiti sono troppo difficili? Meglio avvertire serenamente l’insegnante: «La prego di spiegare di nuovo l’esercizio perché il mio bambino da solo non è in grado di svolgerlo».
E a tutti, docenti e genitori, raccomando un principio che io stessa utilizzo di fronte ad ogni bambino che aiuto: incoraggiare a farcela ottiene sempre il meglio da ciascuno, qualunque sia la difficoltà da affrontare. E’ quello che gli esperti chiamano «carezza educativa»: il riconoscimento dell’impegno e delle competenze acquisite dal bambino ne amplifica la capacità ricettiva e la motivazione alla fatica dell’apprendere.


Tratto da un'articolo di Daniela Lucangeli, professore ordinario di Psicologia dello sviluppo a Padova, membro dell’Osservatorio nazionale sull’infanzia e dell’Academy of learning disability

mercoledì 9 maggio 2012

Autostima: la forza dell'esempio

Per risultare convincenti nel trasmettere al bimbo un senso di autostima, mamma e papà devono a loro volta mostrare di avere un’immagine positiva di loro stessi. Un genitore che si svaluta di continuo, che si definisce goffo, incapace, confusionario, sfortunato o brutto non manda certo un messaggio incoraggiante!
Questo non significa negare i propri difetti, anzi.
Ma nel presentare le proprie debolezze è importante cercare di non intaccare la fiducia che il bambino ha nei propri genitori. Il rispetto di sé, in fondo, costituisce un esempio così trascinante che il bambino non può fare altro che desiderare di seguirlo. 
Tuttavia, trasmettere un’immagine positiva di se stessi non è sempre facile.

A seguire, alcuni accorgimenti riservati a genitori in deficit di autostima.

- Evitare di parlare male di se stessi di fronte ai figli, di lamentarsi incessantemente e di mandare messaggi pessimistici e disfattisti è il primo ‘compitino’ da svolgere.

- Insegnate al bambino a non lasciarsi sopraffare dai propri errori. L’importante è riconoscerli, valutarli, scoprirne i motivi e mettere in atto tutto quanto è necessario perché non si ripetano.

- Evitate di lamentarvi dei vostri difetti e delle vostre incapacità, delle vostre antipatie e mettete invece in luce i vostri lati positivi.

- Non temete di ricorrere agli amici. Ciò che manca a voi può trovarsi in altre persone. Dare ai figli l’opportunità di conoscere adulti positivi può supplire in parte ai propri limiti.

- Fate notare le somiglianze positive, di carattere e di atteggiamento, che esistono tra voi e i vostri bambini.

- Trovate l’occasione per raccontare come da piccoli avete superato i momenti difficili. In questo modo darete ai bambini certezza di poter migliorare.

- Non fissateli in un ruolo: lui è pigro, l’altro è un mangione, il terzo è irruente. Fate notare loro i piccoli cambiamenti che riuscite a fare in voi stessi e quelli che loro sono riusciti a realizzare.

martedì 8 maggio 2012

Autismo: fra interessi e linee guida


Alcune osservazioni sulla polemica scaturita dalla pubblicazione delle Linee Guida sull'Autismo pubblicate nell'ottobre del 2011, e il successivo documento dal titolo Autismo: quale trattamento per bambini e adolescenti?

 L'Articolo pubblicato su Focus, fa un pò di chiarezza.

Paure in età evolutiva

E’ normale, che i bambini abbiano delle paure.
Queste si modificano col crescere e con l’aumento delle esperienze e dell’intelligenza.
Se però queste paure diventano quotidiane, generano grande ansia e non permettono al bambino di vivere una vita serena potremmo essere davanti a una difficoltà più seria (disturbo d’ansia).



Normali paure in BAMBINI PRESCOLARI:
-forti rumori
-cadute
-assenza dei genitori
-paura di alcuni animali
-buio
-mostri

DAI 6-7 ANNI
-rumori forti, strani o improvvisi (es tuoni, sirene)
-fantasmi, streghe o altri essere immaginari
-allontanamento dai genitori o paura di perdersi
-essere soli di notte
-andare a scuola

DAI 7-8 ANNI
-buoio o luoghi bui
-eventi catastrofici rimasti impressi dalla tv, libri,film
-non piacere agli altri
-essere in ritardo a scuola
-essere escluso da riunioni familiari
-violenze o rifiuti da parte di determinati individui a scuola

DAGLI 8 AI 9
-umiliazione
- insuccesso a scuola o nel gioco
-essere sorpreso a mentire o compiere qualcosa di proibito
-essere vittima di violenza fisica
-genitori che litigano, si separano o si fanno male

DAI 9-11 ANNI
-insuccesso a scuola o negli sport
-ammalarsi
-alcuni animali
-vertigini
-persone minacciose

DAGLI 11-13
-insuccesso a scuola, sport, situazioni sociali
-apparire e comportarsi in modo “strano”
-morte o malattie
-sesso
-essere raggirati o plagiati
-perdere le proprie cose, essere derubati

Dottssa Myriam Frittoli

Tratto da : Dacey, Fiore “il bambino ansioso”, Erickson

lunedì 7 maggio 2012

Sostenere l'autostima nei bambini

È a partire dai primi anni di vita che il bimbo comincia a formare la propria personalità. Un modo assolutamente unico di pensare, reagire, giocare, amare… Ed è nello stesso periodo che forma i primi concetti del mondo che lo circonda e soprattutto di se stesso. Un processo delicato, in cui mamma e papà giocano un ruolo determinante. È il loro amore incondizionato, infatti, ad accrescere l’autostima del loro cucciolo, facendolo sentire una ‘persona’ degna di attenzione, stima e rispetto. 
L’autostima è una cosa delicatissima, soprattutto se parliamo di bambini. Noi adulti sappiamo bene come ci si sente in alcune situazioni e possiamo intuire che molti dei nostri problemi sono il risultato di come siamo stati trattati nella nostra infanzia, del modo in cui le persone significative si sono prese cura di noi.

In un articolo di Quimamme c’è un lungo elenco delle cose da fare e non fare, per aiutare il bambino a costruire la sua personalità con una buona dose di autostima

Ecco i comportamenti consigliati per rendere un bambino sicuro di sé.

- Cercate di capire il modo in cui guarda il mondo nelle diverse fasi del suo sviluppo. Un concetto essenziale: influirà sul grado di soddisfazione o delusione che proveremo quando le aspettative che avete nei suoi confronti saranno appagate o deluse.

- Create situazioni nelle quali il bambino possa riuscire bene. Non è vero che i bambini cresceranno forti, sereni e sicuri se sottoposti a critiche impietose, castighi o a quelli che sono definiti ‘fallimenti necessari’. Al contrario: è più educativo sperimentare il successo che il fallimento. I bambini hanno bisogno di sentire di essere competenti, cioè di riuscire bene in quello che fanno.

- Ponetevi obiettivi realistici, senza aspettarvi che il bambino si comporti come un adulto. E tenete conto anche delle differenze di maturazione e di sviluppo di ciascuno.

- Non date compiti generici o troppo complessi. Spesso, i compiti che i bambini devono eseguire sono troppo complessi e vasti per poter essere realisticamente svolti. “Metti in ordine la stanza”: è un obiettivo generico per la maggior parte dei bambini. Sentendosi sconfitti in partenza, non cercano nemmeno di cominciare. Meglio invece circoscrivere precisamente quali devono essere i compiti, comunicando le vostre aspettative con parole semplici, in modo che possa capirle. “Vorrei che, prima di andare a dormire, sistemassi le scarpe vicino al letto”, “Ogni volta che ti togli un vestito, riponilo nell’armadio o, se è sporco, mettilo tra i panni da lavare”.

- Se necessario, dategli una mano: eliminate gli ostacoli che possono metterlo in difficoltà e offrite i sostegni necessari perché raggiunga ciò che si propone di fare, lasciandolo però fare da solo.

- Dategli attenzione anche quando non la richiede. Non mostrate interesse solo quando il bimbo è triste oppure ha un problema, ma anche quando è di buon umore. Così non avrà bisogno di ricorrere a pianti o a sceneggiate per attirare l’attenzione.

- Prendete quindi l’abitudine di andare da lui, anche quando gioca tranquillo, per fargli una coccola, chiedergli come va o che cosa sta facendo. Non importa quali parole sceglierete: ciò che conta è fargli sentire che siete davvero felici di averlo con voi.

- Utilizzate le lodi invece dei rimproveri. I complimenti gratuiti e inaspettati sono quelli che più fanno piacere e stimolano a migliorare. I bambini percepiscono di essere amati e apprezzati senza condizioni né intenti educativi e nulla più di questo può rafforzarli in quello che gli psicologi chiamano senso di competenza. Passando nella sua stanza, per esempio, sforzatevi di chiudere un occhio sui pezzi di puzzle sparsi sul pavimento e complimentatevi invece per come ha disposto i pennarelli nell’astuccio.

- Cogliete l’’unica’ occasione in cui non ha rovesciato il latte durante la colazione e osservate con noncuranza: “Questa mattina sono stato molto contento di vedere il tavolo pulito”. La regola è semplice: invece di lamentarsi quando il bambino fa qualcosa che non va, elogiatelo tutte le volte che si comporta bene.

- Offrite premi e incentivi invece che punizioni. Qualunque gesto del genitore che sia inteso a punire, sia pur lievemente, suscita risentimento e quanto più la punizione è severa, tanto più intensa sarà l’indignazione del bambino. E a nessuno può venire voglia di emulare una persona verso la quale si prova risentimento!

- Fate il tifo per lui. Pur senza chiudere gli occhi davanti ai suoi difetti, trasmettetegli la sensazione che siete sicuri che ce la farà e che avete molta fiducia in lui.


Prevenire...si può

Le difficoltà di apprendimento rappresentano uno dei più rilevanti problemi in ambito scolastico e psicopedagogico. Secondo recenti studi epidemiologici su territorio nazionale il 5-10 % dei bambini presenta un disturbo dell’apprendimento. Tale problema è spesso alla base del disagio e del conseguente abbandono scolastico, in particolare nel caso di quei bambini che si trovano a vivere situazioni socioculturali svantaggiate .

La dottoressa Myriam Frittoli, psicologa e psicoterapeuta esperta dell’infanzia e dell’adolescenza, vuole offrire un programma completo di intervento con strumenti mirati per prevenire e identificare precocemente i casi a rischio e intervenire concretamente, attraverso strumenti operativi innovativi, nel potenziamento dei prerequisiti che le recenti ricerche hanno evidenziato quali basilari per la completa acquisizione della lettura, della scrittura, del calcolo.

Incontri gratuiti di presentazione per i genitori ed insegnanti, su prenotazione.


Obiettivi:
  • Potenziamento delle abilità carenti, fondamentali prerequisiti all’apprendimento della letto-scrittura 
  • Incrementare la qualità dell’insegnamento scolastico 
  • Formare gli insegnanti al riconoscimento precoce dei casi a rischio
  • Favorire la continuità didattica tra la Scuola dell’Infanzia e la Scuola Primaria

Destinatari: bambini dell'ultimo anno della scuola dell'infanzia e del primo anno della scuola primaria. Insegnanti. Genitori.

Info: tel. 333 5909066

Volere è... volare

Buona autostima, senso di identità personale e motivazione allo studio costituiscono i principali fattori protettivi nella prevenzione primaria del disagio scolastico.
Dalle ricerche emerge che è nella fase della scuola primaria il vero passaggio a rischio per gli alunni più deboli e meno motivati: la zona cruciale, dove verosimilmente si gettano le basi anche degli abbandoni scolastici futuri. La prevenzione in questo ambito si rivela fondamentale.

La dottoressa Myriam Frittoli, psicologa e psicoterapeuta esperta dell’infanzia e dell’adolescenza, propone un intervento precoce volto a prevenire il disagio scolastico inteso come bassa autostima e autoefficacia, scarsa motivazione all’apprendimento, senso poco integrato di identità personale. Questi scompensi conducono ad una crescente disaffezione verso la scuola e l’apprendimento in generale e possono sfociare nei fenomeni di dispersione e abbandono scolastico.

Incontri gratuiti di presentazione per i genitori ed insegnanti, su prenotazione.


Obiettivi:
  • Aumentare il proprio senso di autoefficacia
  • Migliorare la propria autostima
  • Incrementare la propria motivazione
  • Trovare un proprio metodo di studio


Inizio corsi: al raggiungimento di 3 iscritti di pari scolarità)
 
 
Durata : 12 incontri di cui 2 con i genitori,  10 con i ragazzi ( in gruppo di 3/4 , divisi a seconda dell’età 8-10 anni, 11-13 anni)

Frequenza: Incontri separati genitori e figli (un’ora alla settimana per i figli e un incontro iniziale e uno finale per i genitori)

 
Info: tel. 333 5909066


  

giovedì 3 maggio 2012

Bimbi annoiati, genitori allarmati

Vi è mai capitato di sentire vostro figlio dirvi: “Mamma, mi annoio. Non so che fare?”.

La cosa ci stupisce perchè siamo inclini a pensare che la noia sia una sensazione da adulti. E, invece la noia invade anche la mente del bambino.E’ una sensazione che provano soprattutto quando crescono ed hanno all’incirca tre-quattro anni. Insomma, quando la loro autonomia rispetto ai genitori è maggiore e cominciano a giocare anche da soli. Ai genitori non sembra vero e, in una prima fase anche a loro, ma poi ad un certo punto si stufano e cercano nuovi stimoli. Già, il punto è proprio questo.

I bambini di oggi hanno troppi stimoli. Tra scuola, televisione, computer, playstation e genitori sempre di corsa, anche loro si sono abituati a vivere a tremila. Oltre agli impegni scolastici, i bambini di oggi sono sempre più coinvolti in attività extrascolastiche frenetiche, che spesso richiedono dei tempi molto rapidi, oltre che una precisa programmazione nell’arco dell’intera giornata.
In questo modo, le loro vite appaiono dense di impegni, così come quelle dei loro genitori e degli altri membri della sua famiglia, proprio perché ciò spesso rispecchia un modello familiare caratterizzato da una ricerca spasmodica di occupazioni e di obiettivi da raggiungere. Così accade che siano proprio i genitori ad affannarsi nel riempire il tempo libero del proprio figlio, con lo sport, con il catechismo, con i corsi di musica, di lingue e così via, proprio perché sembra che senza tali attività egli perda del tempo prezioso, oltre che degli stimoli importanti per la sua crescita ed il suo sviluppo.
Questa invasione dei tempi e degli spazi liberi del bambino, se eccessiva, spesso rischia di tener bloccata la sua fantasia, oltre che il suo ingegno, le sue spontanee attitudini e la possibilità per lui di imparare a scegliere autonomamente come impiegare il suo tempo libero, senza che nessuno lo faccia al suo posto. Insieme a ciò, accade anche che un bambino sempre attivo ed impegnato sia portato ad esprimere più facilmente la sua insofferenza e la sua noia nei momenti liberi della sua giornata, come se non sapesse cosa farsene.
Questi stati d’animo del bambino spesso generano dei grandi sensi di colpa in molte mamme e in molti papà, che a volte leggono la noia del proprio figlio come un sintomo di malessere, legato ad un suo vissuto di solitudine o di abbandono da parte delle sue figure di riferimento.Dunque, qual è la soluzione quando il bambino arriva e ci chiede: “Mamma, cosa faccio adesso?”.

Secondo gli psicoterapeuti infantili i genitori non dovrebbero fare proprio niente e lasciare a loro tutto lo spazio necessario per sviluppare la loro creatività.
Alcune ricerche psicologiche, infatti, hanno dimostrato che la noia corrisponde ad una mente troppo piena a causa di un eccesso di sollecitazioni. In questi casi è inutile subissarli di proposte ed è più produttivo insegnargli a lavorare di immaginazione in modo che possa fantasticare ad occhi aperti lasciando libera la loro fantasia.

Insomma, bisogna lascirgli spazio. Questo perchè i bambini vivono giornate già tutte organizzate e stabilite dai genitori. Persino il loro tempo libero è spesso programmato e non scelto da loro. Al contrario, potrebbe essere molto utile comprendere come, nei suoi momenti di noia e di tranquillità, il bambino possa dare libero sfogo alla sua creatività, possa imparare a sintonizzarsi maggiormente con le sue emozioni ed organizzare autonomamente il suo tempo libero, oltre che ripensare e rimettere ordine a ciò che gli è accaduto durante la sua giornata.
Oltre a ciò, sembra che attraverso i suoi momenti di inattività e di noia, il bambino possa imparare anche a tollerare la frustrazione legata alla mancanza di attenzioni costanti e di risposte immediate da parte dei suoi genitori, che spesso possono verificarsi nel corso della sua crescita.

mercoledì 2 maggio 2012

Vittima di bullismo? Ecco cosa dire e fare...

Con il termine “bullismo” s’intendono le prepotenze attuate da ragazzi nei riguardi di loro coetanei principalmente in ambiente scolastico. Se sei vittima del bullismo o se cerchi dei consigli da dare ad un ragazzo che subisce questo tipo di prepotenze, in questa guida troverai alcuni suggerimenti su come affrontare il problema che potrebbero rivelarsi molto utili.

1) Dare consigli su come comportarsi in caso di bullismo è complicato perché ogni caso è differente dall’altro, però ci sono dei suggerimenti che possono essere validi in ogni situazione. Il consiglio di base è di non abbatterti mai e non lasciarti prendere dalla depressione: se qualcuno fa il prepotente con te, finisce col farti stare male, ti fa sentire triste e arrabbiato e distrugge la tua autostima. Non cadere in questa spirale ma trova la forza di reagire.

2) Tieni sempre presente che il bullo è compiaciuto dalle tue reazioni (qualunque esse siano), si diverte se ti vede arrabbiato o se piangi. Quindi, se subisci una provocazione, cerca in tutti i modi di mantenerti calmo e sereno, non mostrarti preoccupato o angosciato. Se non reagisci, il bullo si stancherà e in breve tempo ti lascerà in pace.

3) Se il bullo ti prende in giro con sfottò e battute, in primo luogo, non dar peso alle sue parole ma continua ad avere una buona opinione di te. Poi, cerca di pensare in anticipo ad alcune risposte divertenti e brillanti che puoi dirgli (senza essere troppo provocatorio) in modo da freddarlo buttandola sul ridere e mettendolo nella condizione di non sapere come replicare. In ogni caso, cerca di farti vedere calmo e sicuro di te.

4) E’ importante che ti ricordi sempre che i bulli sono prepotenti nei tuoi confronti perché sono degli insicuri e in molti casi hanno grossi problemi familiari e in questo modo cercano di attirare l’attenzione su di sé. Ricorda che non sei tu quello sbagliato ma loro e non devi mai provare vergogna delle aggressioni (fisiche o verbali) subite ma devi cercare di reagire.

5) Devi imparare a vincere la vergogna e l’imbarazzo che è normale provare in questi casi e parlarne con qualcuno, è importante che non ti isoli. Racconta l’accaduto ad un amico, un fratello, ai tuoi genitori, a un parente, ad un insegnante o a qualunque persona ti ispiri fiducia. Se tieni la cosa nascosta dentro di te la situazione non cambierà mai.

6) A scuola, prima di entrare in classe o durante l’intervallo, cerca di stare in un luogo tranquillo circondato da amici magari vicino a qualche adulto o a compagni che ti difendono. Se per tornare a casa prendi il bus, siediti vicino all’autista o a qualche adulto. In caso contrario, cerca di capire qual è il momento migliore per andare via evitando il bullo.

7) Se il bullo ti aggredisce fisicamente, non reagire azzuffandoti lui. La violenza finisce per peggiorare la situazione e potresti farti male. Meglio se fai finta di niente e ti allontani. Se puoi, richiama l’attenzione di un adulto e raccontagli l’accaduto. Non farti condizionare dall’idea che gli altri possono pensare che hai paura e stai scappando dal bullo.

8) Se ti senti solo, cerca nuovi amici con i quali parlare del problema. Non pensare che raccontandolo a qualcuno peggiorerai le cose. Anzi, se chiedi aiuto non sarai più da solo e insieme potrete pensare a un modo per risolvere il problema. Inoltre, è importante che fai capire agli altri ragazzi di non sostenere il bullo ridendo alle sue prese in giro o prepotenze e non restare a guardarlo.

9) Cerca di ignorare il bullo o impara a guardarlo negli occhi e chiedergli di smetterla col suo comportamento. Dimostrati deciso, fermo e sicuro di te. Fagli capire che non ti fa paura, che le sue parole non hanno alcun effetto su di te e ti ritieni più intelligente di lui. Lo metterai in imbarazzo e un po’ alla volta ti lascerà in pace.

10) Se conosci qualcuno che subisce prepotenze, è molto importante che ti schieri dalla sua parte e lo fai sentire meno solo. Non ridere se vedi che viene preso in giro o subisce maltrattamenti e non restare a guardare. Racconta tutto ad un adulto immediatamente e chiedigli consigli. Parlarne con altri non significa fare la spia ma è un modo aiutarlo. Ricorda che potresti essere tu la prossima vittima del bullo, non saresti contento se qualcuno ti aiutasse?

11) Infine, ricorda che il Ministero dell’Istruzione ha messo a disposizione il numero verde 800.66.96.96 (attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 10 alle 13 e dalle 14 alle 19) a cui puoi rivolgerti per segnalare casi, ottenere informazioni generali, ricevere sostegno e chiedere consigli su come comportarti in caso di bullismo che hanno come vittima te o un amico.



tratto da www.saperlo.it

Labirinti

Per potenziare l'abilità finomotoria e le abilità visuospaziali eccovi dei simpatici labirinti.