"Se cerchi l'infinito lo troverai nel sorriso di un bambino; abbi cura di quel sorriso, è l'anima del mondo"


mercoledì 28 marzo 2012

Il disturbo oppositivo provocatorio

La caratteristica fondamentale del Disturbo Oppositivo Provocatorio è una modalità ricorrente di comportamento negativistico, provocatorio, disobbediente, ed ostile nei confronti delle figure dotate di autorità che persiste per almeno 6 mesi ed è caratterizzato da frequente insorgenza di almeno uno dei seguenti comportamenti:



  • perdita di controllo
  • litigi con gli adulti
  • opposizione attiva o rifiuto di rispettare richieste o regole degli adulti
  • azioni deliberate che danno fastidio agli altri
  • accusare gli altri dei propri sbagli o del proprio cattivo comportamento
  • essere suscettibile o facilmente infastidito dagli altri
  • essere collerico e risentirsi
  • essere dispettoso o vendicativo
Per definire il Disturbo Oppositivo Provocatorio, i comportamenti devono manifestarsi più frequentemente rispetto a quanto si osserva tipicamente nei soggetti di età e livello di sviluppo paragonabili e devono comportare una significativa compromissione del funzionamento sociale, scolastico, o lavorativo.
I comportamenti negativistici ed oppositivi sono espressi con persistente caparbietà, resistenza alle direttive, scarsa disponibilità al compromesso, alla resa o alla negoziazione con gli adulti o coi coetanei. L’oppositività può anche includere la deliberata o persistente messa alla prova dei limiti, di solito ignorando gli ordini, litigando e non accettando i rimproveri per i misfatti. L’ostilità può essere diretta contro gli adulti o i coetanei e viene espressa disturbando deliberatamente gli altri o con aggressioni verbali (di solito senza le più gravi aggressioni fisiche osservate nel Disturbo della Condotta).
 Dal momento che un comportamento oppositivo transitorio è molto comune nei bambini in età prescolare e negli adolescenti, si dovrebbe usare cautela nel fare la diagnosi di Disturbo Oppositivo Provocatorio specie durante questi periodi di sviluppo. Tutti i bambini possono essere scontrosi e capricciosi, però nei soggetti con il DOP queste caratteristiche si presentano amplificate tanto da arrivare a compromettere, in maniera significativa, il loro inserimento sociale.
 
 
Come aiutarli ad uscire da questo stato di disagio?
La parola d’ordine, di un buon intervento educativo e psicologico, dovrà essere “comprensione”. Sono bambini che non vanno curati, né cambiati, ma prima di tutto capiti. Con i loro comportamenti sembrano volerci allontanare, ma se ce ne andiamo soffrono di solitudine. Bisogna cercare, allora, di superare le barriere che ci separano dal loro mondo, capire la causa del loro male interiore.
Forse sono ostili perché cercano di difendersi, a causa di traumi che li hanno portati a diffidare degli altri, oppure vogliono attirare l’attenzione, perché hannombisogno di comunicare i loro problemi e non conoscono altro canale che l’aggressività.
Cosa pensano i bambini DOP? Come valutano se stessi e le loro azioni? Sono contenti del loro modo di essere o vorrebbero cambiare?
Chi è estraneo al mondo della neuropsichiatria infantile, di fronte alle condotte
prepotenti e aggressive dei soggetti oppositivi e provocatori, è portato a dare
 giudizi che però spesso sono lontani dalla verità.
Certo non è difficile cadere in errore perché, osservando il modo in cui questi
 ragazzini si relazionano con gli altri, si può facilmente credere che essi provino
 piacere nel suscitare il pianto dei compagni, nel portare gli insegnanti all’orlo
 della disperazione, nel creare scompiglio e nel rompere tutto ciò che capita loro
 a tiro.
Si pensa che essi siano fieri di se stessi, che godano nell’essere temuti dagli altri,
ma sta proprio qui la nostra cecità, nell’essere incapaci di andare con lo sguardo
oltre le immagini apparenti, per cogliere il nocciolo della loro sofferenza.
Il soggetto affetto dal DOP non vive una vita felice e serena, non è contento del
suo modo di essere e si duole per le opinioni che le altre persone hanno di lui.
L’immagine che ha di sé è molto svalutante, si considera un incapace, indegno
dell’amore altrui e crede che nessuno mai gli potrà essere amico. Si sente
rifiutato, ma sa di essere lui stesso la causa del suo isolamento e così sviluppa
livelli molto bassi d’autostima e spesso anche dei Disturbi dell’Umore.
Come sostiene Patterson, spesso, questa bassa considerazione che il bambino
oppositivo provocatorio ha di se stesso, nasce proprio nell’ambiente domestico.
Il rapporto che questi soggetti hanno con i loro parenti è molto complesso, si
tratta di una sorta di coercizione reciproca che, alla lunga, tende a sgretolare
l’unità familiare. Sono gli stessi genitori ad attribuire ai loro figli delle etichette, a definirli “insopportabili”, “aggressivi”, “terribili”. Queste espressioni che possono essere
dettate da un momento di collera, se ripetute più e più volte, vengono interiorizzate dal bambino, diventando delle auto-asserzioni negative che egli ripeterà a sé stesso ogni qual volta si sentirà abbandonato da qualcuno.
Se qualcuno gli si avvicina per instaurare un rapporto, anziché esserne felice, si mostra diffidente e reagisce con il suo repertorio di comportamenti ostili, come a voler mettere alla prova le intenzioni del suo interlocutore. È come se gli chiedesse “Mi vuoi bene anche se ti dimostro che non valgo niente, anche se ti faccio vedere che mi sono preso gioco di te? Mi vuoi bene anche se io stesso sono sicuro di essere un buono a nulla, e sono certo che nessuno mi potrà mai amare?”.
Il soggetto DOP, quindi, è convinto che anche chi cerca di avvicinarsi a lui in veste d’amico, chi dice di volergli bene e di volerlo aiutare, alla fine, imparando a conoscerlo cambierà idea e lo lascerà nuovamente solo, quindi è bene mettere subito alla prova queste persone, verificare il loro grado di sopportabilità, perché tanto anche loro impareranno ad odiarlo ed è meglio che questo accada prima che egli si illuda di poter ancora ricevere affetto.

Modificare il comportamento intervenendo sulle conseguenze: punizioni e rinforzi
Per far sì che le provocazioni, l’ostilità e gli atteggiamenti aggressivi del DOP vadano estinguendosi, è necessario fare in modo che il bambino incomba in delle conseguenze negative ogni qual volta faccia ricorso a tali comportamenti. Esistono dei metodi, utilizzabili sia in un contesto scolastico che familiare, che permettono di “punire” il bambino in maniera intelligente, evitando cioè di fare ricorso a castighi rigidi e rimproveri umilianti, che potrebbero produrre effetti indesiderati.
Alcune di queste strategie consistono nel:
  • Premiare i comportamenti positivi, anche piccoli ma che conducono alla condotta desiderata e allontanano da quella indesiderata

  • Preferire i premi per i comportamenti positivi (anche piccoli) alle punizioni

  • Evitare le prediche

  • Preferire sempre la perdita di un privilegio (es. uscire o guardare la tv) alla punizione (es. fare qualcosa di spiacevole)

  • Scegliere le punizioni solo per comportamenti molto gravi (esplicito danno verbale o fisico agli altri) e solo se si è provato tutto il resto.

  • Decidere tre regole che tutti dovranno tenere in casa o a scuola (scegliere: “parlare a voce bassa” piuttosto che “non si grida”)

  • Se si decide di rimproverare farlo con poche e specifiche parole es. “avevamo stabilito questa regola, tu l’hai infranta, quindi, come avevamo stabilito ti tocca rinunciare a questo”.

  • Se si decide di punire NON usare mai la violenza fisica (sempre bene ribadirlo) perché non facciamo che peggiorare la situazione oltre che fare un grave danno al bambino.

  • Se si sceglie di premiare o in alternativa, togliere un privilegio, questo deve essere fatto subito. Se si lascia passare troppo tempo l’effetto sul comportamento svanisce.

  • Essere sempre chiari e leali

  • Ricordarsi di dare il “buon esempio”. Siamo il suo principale modello. Una risposta stizzita o aggressiva non fa che rinforzare il comportamento oppositivo del bambino.

  • Attenuare l’esposizione agli antecedenti che normalmente conducono a comportamenti oppositivi. Ricercare le condizioni che attenuano i comportamenti indesiderati.

  • Rimproverare in privato o comunque in modo tale che non possano udire terze persone. La punizione non dovrà servire a formulare giudizi, ma dovrà limitarsi a descrivere il comportamento indesiderato in maniera obiettiva. Al bambino verranno spiegate le motivazioni che rendono sbagliata tale condotta, verranno suggerite modalità comportamentali alternative e verranno indicati i vantaggi derivanti dalla loro messa in atto.

  • Ignorare le “esibizioni” del bambino, ossia rimuovere il rinforzo derivante dall’attenzione degli “spettatori”.

  • Punire attraverso il Timeout ossia attraverso il trasferimento del bambino in un luogo in cui siano inaccessibili i rinforzamenti positivi, come l’attenzione, l’approvazione dei pari, i giocattoli ed altri oggetti interessanti. Questo luogo potrà essere il corridoio di casa, un angolo della stanza, o semplicemente una sedia, l’importante è non scegliere mai spazi che potrebbero infastidire il bimbo più del dovuto, come zone buie o confinate. È bene ricordare, inoltre, che è sufficiente un tempo di appena tre, quattro minuti, e che aumentare tale periodo con lo scopo di rafforzare il valore della punizione è solo controproducente.

  • Sorprendere il bambino con reazioni impreviste. Questa strategia, proposta da Fiorenza e Nardone serve, in particolare, per fronteggiare gli atteggiamenti provocatori attraverso comportamenti stravaganti, che disorientano il soggetto e lo inducono a riflettere sulle proprie condotte. La tecnica consiste nel rispondere alle provocazioni, non con rimproveri o punizioni, ma con azioni che possono apparire incomprensibili, come accostarsi al soggetto e dargli un bacio sul naso, senza dare alcuna spiegazione e limitandosi ad asserire che si aveva voglia di farlo.Questa risposta originale vuole di fatto comunicare al bambino due messaggi:  
1) non casco nelle tue provocazioni;
2) sono capace anch’io di provocarti.

  • Premiare e Punire attraverso gradagno o perdita di punti

  • Piuttosto di dare indicazioni vaghe es. “Comportati bene” o “bravo, oggi ti sei comportanto bene” preferire espressioni come ad esempio “Bravo. Hai apparecchiato la tavola senza fartelo ripetere due volte, ti meriti un premio”

Dottssa Myriam Frittoli

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