"Se cerchi l'infinito lo troverai nel sorriso di un bambino; abbi cura di quel sorriso, è l'anima del mondo"


mercoledì 21 marzo 2012

Mio figlio ha un tic?

Recentemente mi ha contattato una mamma perchè suo figlio strizza spesso l’occhio…”Credo abbia un tic, dottoressa, cosa devo fare?”.

Facciamo un pò di chiarezza.

I tic sono movimenti involontari, classificabili in semplici se costituiti da movimenti brevi e stereotipati del volto, delle spalle e degli arti ed in complessi se costituiti da sequenze di movimenti.

I tic motori semplici comprendono: smorfie del viso, movimenti del collo, colpi di tosse, segnali di ammiccamento; mentre i tic vocali semplici includono: raschiarsi la gola, sbuffare, tirar su col naso, grugnire. I tic motori semplici si verificano a periodi, negli anni prescolari e nei primi anni di scuola. Sono un fenomeno molto diffuso tra i bambini (10 % bambini di questa eta’).

I tic motori complessi comprendono invece battere i piedi, effettuare movimenti mimici, saltare, toccare, odorare un oggetto; i tic vocali complessi riguardano, invece la ripetizione di parole fuori contesto. Nei casi più gravi, possiamo assistere alla coprolalia (usare parolacce) e l’ecolalia (ripetere come un’eco frasi, parole o suoni sentiti per ultimi).

I tic devono essere considerati un problema serio quando nel bambino si notano nuclei di pensieri o sentimenti di tipo ossessivo anche al di fuori dei tic. In questo caso il ricorso allo specialista e’ d’obbligo.

Fatto questo primo passo, è importante rivolgersi a uno psicologo infantile che possa aiutare il bambino ad esprimere tramite altre vie, il conflitto e l’ansia che sta alla base del tic e i genitori a trovare strategie efficaci per sostenere il piccolo nel superamento delle sue difficoltà .

Il tic rappresenta infatti il modo che il bambino trova per sfogare una tensione emotiva, un’angoscia che non sa esprimere in altro modo. Sono la spia di una conflittualita’ che mette il bambino “alle strette”: il contrasto tra le ambizioni scolastiche e i risultati conseguiti, una difficolta’ di identificazione con la figura di uno dei genitori, l’aggressivita’ repressa nei confronti di un fratello sono tra le piu’ comuni cause scatenanti dei tic. Spesso al tic, soprattutto se cronico e dunque duraturo nel tempo, si associano sentimenti di vergogna,di frustrazione e di ansia. Emergono frequentemente, soprattutto nella fase preadolescenziale e adolescenziale, ritiro sociale, forte timidezza, umore depresso, difficoltà nella socializzazione col gruppo dei pari (per la paura di essere derisi, rifiutati, presi in giro). E’ chiaro, quindi, che si tratta di un disturbo della crescita, quasi sempre transitorio, che accompagna le tappe cruciali dello sviluppo affettivo – relazionale del bambino. Nella maggior parte dei casi i tic scompaiono entro la fine dell’infanzia o nella preadolescenza. Perche’ i tic non si fissino, radicandosi nelle abitudini della persona adulta, e’ importante che i genitori adottino l’atteggiamento giusto

Di seguito troverete alcuni consigli utili per i genitori con bambini che soffrono tale disturbo.

La prima fondamentale regola è:

FARE FINTA DI NIENTE: NON SGRIDARE, NON SOTTOLINEARE, NON MOSTRARE ANSIA O PREOCCUPAZIONE, NON IMITARE, NON FARE GUARDARE ALLO SPECCHIO. LE CONSEGUENZE DI TALI COMPORTAMENTI INVOGLIANO IL PICCOLO A CONTINUARE O, PEGGIO, A FARLO DI NASCOSTO; IN SOSTANZA RINFORZANO IL SINTOMO.

Seconda fondamentale regola:

CREARE UN AMBIENTE SERENO, OSSIA:

a) rendere il bambino autonomo per tutti i piccoli compiti che può e sa fare alla sua età: mangiare, dormire, lavarsi, vestirsi da solo, collaborare e aiutare la mamma in casa, riordinare i propri giocattoli, preparare l’occorrente per la scuola. Non fare mai le cose al posto suo: il messaggio è “sei piccolo” e “non sei capace”

b) non iperproteggerlo nè svalutarlo: mostrarsi sicuri (i bambini imparano imitando, se siamo ansiosi verso qualcosa loro si sentiranno in pericolo), lasciarlo libero di sperimentare ed esplorare il mondo senza ansia (stai attento, guarda che ti fai male, tanto non ci riesci, te lo faccio io che tu non lo sai fare, copriti, pulisciti bene, ecco ti sei fatto male, quel cibo non va bene perché ti fa male, non ti appoggiare nel bagno, attenzione ai germi…), non insistere sul cibo né usarlo come ricatto o punizione o premio (il bambino impara da voi il rapporto con il cibo: se siete sempre a dieta o troppo attenti agli alimenti o in ansia rispetto al suo mangiare, capirà che il cibo è “pericoloso” e lo eviterà o lo renderà un ambito di lotta di potere con voi), far sentire il bambino in grado di affrontare difficoltà e paure: incoraggiarlo sempre a superare ciò che teme.

c) premiare con le parole i suoi sforzi e le sue conquiste (fatelo sentire importante e “capace”); spiegare le regole e i divieti in modo chiaro, semplice e mai esagerato (far capire che ad ogni azione corrisponde una conseguenza) “se rovesci il bicchiere come fai a bere?” , ” se non metti a posto i giocattoli poi non li trovi più”

d) quando un divieto non viene rispettato: manifestare dispiacere in modo sincero, disapprovare non il bambino ma l’azione, dimostrare che gli volete bene comunque, spiegare quale sarebbe stato il comportamento giusto e incoraggiarlo sul fatto che la prossima volta andrà meglio.

e) gestire le esplosioni di rabbia: rispecchiare le sue emozioni ed accettarle (“so che sei arrabbiato ma per la mamma e il papà è importante che…), gestite in maniera costruttiva i momenti di rabbia (non urlare, sbattere oggetti, picchiare) ascoltando e dimostrando che volete aiutarlo ad affrontare la sua irritazione, aiutatelo ad attenuare la rabbia proponendo un’attività (correre, disegnare, recitare la scenetta coi pupazzi…), insegnategli che quando è arrabbiato deve esprimere ciò che prova, non siate punitivi (se picchiate, il bambino impara a picchiare, se urlate impara ad urlare).

f) per dare voce alle emozioni e alle paure e insegnare al bambino a riconoscerle e superarle, leggete prima della nanna una piccola fiaba (sempre fino alla fine)

g) dedicate mezz’ora (o più se + se è possibile) al giorno al gioco insieme: colorare, disegnare, cucinare…proponete una attività da fare insieme e divertitevi con il vostro bambino. Durante il gioco ascoltatelo, è lì (facendo parlare i personaggi o disegnando) che rivela le sue ansie, le sue difficoltà ed è lì che potrete rassicurarlo e fargli sentire che ce la farà.

h) non caricare il bambino delle proprie pretese o aspettative. Sottolineare il tic lo fa sentire sbagliato e non accettato e crea ansia che a sua volta si esprime con il tic, in un circolo vizioso. Accettate il bambino per come è, senza disapprovarlo se non si comporta come vorreste, se non è bravo come avreste immaginato, se non riesce in qualcosa. Diminuite la pressione rispetto alle performance scolastiche, sportive… insomma non aspettatevi troppo

i) tenete un diario dei tic. Senza farvi notare, annotate in un taccuino quando compaiono, in che modo e in relazione a che cosa (a una sgridata, in presenza di entrambi i genitori o a uno solo, mentre fa i compiti, quando è arrabbiato o felice …). Vi aiuterà a comprendere meglio quando il bambino sente la necessità inconsapevole e involontaria di ricorrere al tic.

l) compiti a casa: create un ambiente sereno e calmo, fatelo studiare in camera sua se possibile e comunque mai davanti alla tv, con la radio accesa o in presenza di qualsiasi altro stimolo esterno che possa distrarlo. Stabilite un orario di inizio e di fine e fateglielo mantenere. Spiegate che fare i compiti aiuta a conoscere le cose e da grandi ci permette di fare il lavoro che ci piace (“come mamma o papà”) e che, finiti i compiti, c’è il momento per il gioco (“quando finiamo, mamma o papà giocano un po’ con te a quello che vuoi). Concedete una pausa per la merenda o se lo vedete particolarmente distratto piccole pause di 5 minuti (ogni mezz’ora, quaranta minuti) per favorire la ripresa della concentrazione. Incoraggiatelo a fare da sé (standogli intorno e rimandandogli che siete lì e che può chiamarvi se ha bisogno di aiuto), non sgridatelo né disapprovatelo se non riesce o sbaglia qualcosa. Aiutatelo a capire l’errore e a rimediarlo senza spazientirvi. Lodatelo quando riesce a far bene qualcosa e sostenetelo quando sente di non riuscire (“mamma o papà è sicuro che ci riuscirai…vediamo insieme cosa ti è difficile…).

m) potete parlare dei tic solo se è il bambino a sollevare l’argomento. A quel punto spiegate che non si deve preoccupare, non deve avere paura (“tanti bambini li hanno o li hanno avuti e piano piano sono sempre passati”) e che presto scompariranno
Dottoressa Myriam Frittoli

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